Dedico questo articolo della nuova diaria al libro “Cambiare”, un saggio che fin dalle prime pagine mi ha conquistata per la sua capacità di svelare il funzionamento delle reti sociali e di illustrare come le novità e le alternative di pensiero si diffondano, oppure – nel peggiore dei casi – come l’originalità possa essere ostacolata e bloccata dal funzionamento delle reti sociali e dei social media. Ma la lettura di questo libro mi ha anche fatto riflettere su come gli studi internazionali di pensatrici, soprattutto femministe, già da molto tempo abbiano affrontato temi su cui Damon Centola, autore di “Cambiare”, ha lavorato in modo così fruttuoso e interessante per molti anni. Oggi, grazie all’utilizzo di massa dei social media, la scienza mette a disposizione strumenti che consentono di misurare e analizzare comportamenti sociali un tempo inaccessibili alla matematica, sia nei piccoli gruppi sia nelle grandi dinamiche collettive. Riflettere su queste logiche rappresenta una grande opportunità, soprattutto per chi scrive e si confronta ogni giorno con le regole dell’editoria post-industriale, dove la viralità e la ripetizione collettiva sembrano avere più peso dell’originalità.

Damon Centola è una figura di rilievo internazionale nel campo della sociologia, consideratə tra gli innovatori nello studio delle reti sociali. La sua ricerca intreccia sociologia, comunicazione e scienze computazionali, indagando la diffusione di idee e comportamenti in tutti gli strati della società. Centola supera la visione tradizionale secondo cui le idee si propagano come virus, affidandosi al carisma di scrittrici e scrittori e/o influencer o alla forza dei cosiddetti messaggi “appiccicosi” – quei contenuti che sembrano avere un’attrattiva naturale, facili da ricordare e capaci di coinvolgere emotivamente, come un motivetto che non si scorda più. Nel mondo editoriale di oggi, l’influencer è spesso visto come motore della diffusione: si pensa che basti una personalità carismatica o una fan base numerosa per far decollare un libro o un’idea. Tuttavia, Centola con il suo studio invita a una riflessione che a mio avviso va oltre questa semplificazione.

Su questa scia, è interessante ricordare il contributo di autrici come Sherry Turkle, che nel suo testo “Insieme ma soli” esplora il modo in cui le tecnologie digitali plasmano le relazioni e la percezione di sé, evidenziando come la ripetizione e la condivisione nei social influenzino profondamente il pensiero collettivo. Allo stesso modo, Judith Butler riflette sul concetto di performatività sociale e di come le norme si consolidino tramite la reiterazione di comportamenti e discorsi, offrendo una prospettiva preziosa per comprendere la diffusione delle idee innovative nelle reti sociali.

Il messaggio “appiccicoso” si basa sull’immediatezza, la semplicità e la capacità di toccare le corde emotive del pubblico. Ma Centola mostra che la vera forza nella diffusione delle idee, specialmente quelle complesse che caratterizzano la letteratura più innovativa, non risiede nell’autorevolezza di una voce singola – anche se questa appartiene a un influencer  – bensì nella ripetizione delle conferme che provengono da più membri della rete sociale. Non basta che un messaggio venga condiviso da una fonte rispettata: ciò che lo rende credibile e accettabile è la ridondanza sociale, ovvero il sentirlo ripetere da amicə, colleghə, altrə scrittorə e lettrici/lettori con cui abbiamo legami significativi. In editoria, questa dinamica si traduce in una vera e propria “cascata” di conferme, dove la posizione sostenuta da più voci diventa una nuova norma, spesso a scapito della diversità ancora non socialmente assimilata.

La struttura delle reti sociali nell’editoria è sempre stata cruciale ma oggi lo è di più. Oggi la rapidità con cui si diffonde una notizia, una recensione o una moda narrativa dipende soprattutto dai canali attraverso cui passa l’informazione e dalle connessioni tra chi è coinvolto. Le chat di scrittorə, i gruppi di lettura, le community online e le fan base di influencer sono diventati veri e propri motori di accelerazione (o di ostacolo) nella circolazione delle idee. In questo contesto, l’influencer può amplificare la visibilità di un contenuto semplice, ma fatica a promuovere narrazioni complesse che richiedono il sostegno reiterato di una rete sociale ampia e diversificata.

Un tema centrale che Centola affronta riguarda il bias: le distorsioni cognitive e sociali che influenzano invisibilmente le decisioni. Nel mondo post-industriale dell’editoria, il successo di un libro o di un’idea non dipende più solo dalla sua qualità intrinseca, ma dalla struttura delle relazioni che la sostengono e la alimentano. Ma la storia delle grandi innovazioni e dei movimenti letterari dimostra che il cambiamento nasce da una rete di conferme ripetute, capace di rendere accettabile anche ciò che inizialmente appariva rivoluzionario o impensabile.

I bias cognitivi sono scorciatoie mentali che permettono di prendere decisioni rapide, ma spesso portano fuori strada. Il bias di framing fa giudicare una notizia in base a come viene presentata, quello di conferma spinge a preferire informazioni che rafforzano le proprie convinzioni. In editoria, il conformismo sociale induce chi scrive e chi legge ad allinearsi alle scelte della maggioranza, favorendo la standardizzazione delle storie e soffocando la sperimentazione. Questi meccanismi, amplificati dalla dimensione collettiva delle reti sociali, trasformano le camere d’eco in veri e propri ostacoli alla creatività: la ripetizione di opinioni simili rafforza convinzioni condivise, creando una “zona di comfort mentale” che scoraggia il cambiamento.

La camera d’eco letteraria – dove scrittorə, criticə e lettrici/lettori condividono gusti e valori simili – rischia di generare una “standardizzazione creativa”, spingendo gli  influencer a conformarsi alle aspettative del gruppo per ottenere approvazione o viralità. In definitiva, è la rete sociale a decidere quali idee meritano attenzione e quali vengono scartate: la sfida per chi scrive consiste nel riconoscere i limiti delle proprie camere d’eco e nel confrontarsi con punti di vista eterogenei, per arricchire la narrazione e sfuggire alla trappola dell’autocompiacimento.

Se i meme virali si diffondono rapidamente grazie ai legami deboli, le idee complesse e le narrazioni che lasciano il segno necessitano di una ridondanza sociale: il supporto reiterato di diversə membri della comunità trasforma una novità in una norma condivisa. Anche in editoria, l’innovazione non si afferma per il clamore iniziale dell’influencer, ma per la costante eco prodotta da gruppi diversi che riconoscono il valore di una proposta originale. Centola mette in luce un aspetto particolarmente significativo: l’illusione di introspezione. Si crede che le proprie scelte siano autonome, mentre si attribuisce agli altri il conformismo. Nella scrittura creativa, questa illusione si traduce nella convinzione che la propria voce sia indipendente, ignorando quanto sia influenzata dalle opinioni altrui, dalle mode editoriali e dalle aspettative delle/gli lettrici/lettori.

Ricapitolando se il bias nasce dalla struttura della rete, anche il cambiamento non dipende dal carisma di un influencer: essɜ sono efficaci nel promuovere contenuti semplici, ma meno capaci di far circolare idee complesse, che richiedono conferme sociali multiple. Questa dinamica favorisce la diffusione di notizie scorrette, false o superficiali, rafforzando il bias di gruppo. Per questo, per Centola,  la vera strategia di cambiamento consiste nel cercare non tanto le persone speciali, ma i luoghi speciali della rete. Le grandi trasformazioni nascono nelle interconnessioni periferiche, dove si condividono scelte e difficoltà simili: sono lì che si sviluppano le correnti più potenti e durature.

Comprendere che si è plasmati dalle proprie connessioni e che il ragionamento è spesso frutto di un ambiente sociale invisibile è fondamentale per chi, oggi, vuole restare rilevante come scrittorə o influencer. Solo acquisendo consapevolezza di queste dinamiche si può spezzare la catena dell’automatismo e aprire la porta a nuove idee. In questa prospettiva, una narrazione credibile nasce dalla capacità di muoversi consapevolmente all’interno delle nuove dinamiche sociali, dialogando con i bias che dominano l’ambiente e riuscendo a riconoscerli e aggirarli proprio sul terreno in cui si manifestano: quello della rete sociale e delle relazioni interpersonali.

In conclusione, il lavoro di Damon Centola si intreccia profondamente con il pensiero femminista contemporaneo che da anni riflette sul valore della pluralità delle voci e sulla necessità di decostruire le gerarchie dell’influenza sociale. Pensatrici come bell hooks e Kimberlé Crenshaw hanno sottolineato come il cambiamento reale non nasca mai dall’imposizione di una singola prospettiva dominante, bensì dalla circolazione di idee attraverso reti di soggettività diverse, capaci di sostenersi reciprocamente e di creare nuovi spazi di riconoscimento.

Centola, con la sua analisi della ridondanza sociale e del ruolo delle interconnessioni periferiche, offre una chiave di lettura che si integra perfettamente con le teorie femministe sull’importanza della solidarietà diffusa e dell’azione collettiva. L’innovazione, che sia letteraria o politica, si realizza quando molteplici soggetti marginali si riconoscono e si rafforzano a vicenda, rompendo la logica dell’isolamento e della viralità effimera. In questo senso, la rete sociale diventa non solo il luogo della propagazione delle idee, ma soprattutto uno spazio di resistenza e di emancipazione, dove il pensiero multidisciplinare trova terreno fertile per incidere e per trasformare radicalmente le norme e i valori condivisi.