Isolamento

Del libro come oggetto rivelatore

Ci sono scoperte che non si fanno senza lasciarsi modificare, ci sono guadagni di conoscenza che si fanno solo in concreto, scriveva nel 2013 Luisa Muraro nella prefazione alla seconda edizione di un libro intitolato Le amiche di Dio. Margherita e le altre, uscito per la prima volta nel 2001. Margherita è Margherita Porete, esponente del beghinaggio delle origini nata a Hennegau (in italiano storico Annonia nell’attuale Belgio) tra il 1250 e il 1260 e morta sul rogo a Parigi il primo giugno 1310, autrice de Lo specchio delle anime semplici, fu bruciata dopo un lungo processo per aver rifiutato di togliere il suo libro dalla circolazione e per aver rifiutato di ritrattare le sue idee.

Perché la parola isolamento mi fa tornare a questo libro? Il primo motivo è una coincidenza. Quando dieci giorni fa insieme a Anna Maria Curci abbiamo presentato Annina Tragicomica presso la libreria Odradek di Roma, avevo già in mente di comprare tre regali.

Poi, per raggiungere la libreria, attraversando il centro di Roma in una domenica mattina uggiosa, già abbastanza disertato per via del virus, con la sorpresa, proprio quel giorno, di trovare San Luigi dei Francesi sprangata, il mio proposito si è rafforzato. Tanto che appena arrivata in libreria ho comprato per mia figlia La scopa del sistema di David Foster Wallace (Einaudi, 2014) perché è un titolo che mi aveva già chiesto un paio di volte. Per mia madre ho comprato Bella mia di Donatella Dipietrantonio (Einaudi, 2018) lei sa il perché. E per me, ritrovamento junghianamente sincronico per eccellenza dato che non ero a conoscenza dell’esistenza di questo libro, La notte delle beghine (Beat edizioni, 2020) di Aline Kiner, scoprendo uno dei romanzi storici più belli e più utili di sempre.

Ma torniamo all’isolamento e alla nuova indicazione restrittiva di restarsene noi italiani, tutti in casa, restrizione che minaccia di essere sempre più stringente. Per la verità a me il senso di isolamento me lo ha dato di più, in tempi non infetti, l’aleggiare di relazioni sociali qualitativamente instabili e la latitanza sempiterna di orientamenti cui affidarmi. Certo non escludo che questo possa essere stato un problema mio o della mia generazione o di tutti quelle e quelli che nonostante l’età adulta non riescono, come me, per un motivo a o un altro, a individuarsi come soggetti di questo mondo. Parlo di quel brancolare in un tipo di isolamento che si finge socialità un po’ per consolazione, quando non ci relazioniamo in modo soddisfacente a un ordine simbolico vigente, prima che a un ordine sociale. Quando, restando un minimo onesti intellettualmente, si fatica a trovare un luogo comune entro il quale ci si possa ritrovare in una rappresentazione plausibile di noi stessi.


Letta nel momento storico di necessario e straordinario isolamento in cui ci troviamo ora, ciò che arriva dalle parole de Lo specchio delle anime semplici di Margherita Porete è una mistica che può in qualche modo incontrare la contemporaneità nella libertà di consentirsi a una solitudine, più che a un isolamento, di altra natura: nel silenzio delle passioni contraddittorie, dice Jung, l’io individuato può sentirsi oggetto di un soggetto ignoto e superiore. Certi lo chiamano Dio, io lo chiamo poesia. Margherita Porete da buona eretica e in largo anticipo su Lutero, professava tra l’altro la non necessità di intermediari nel suo dialogo con questo soggetto ignoto e superiore.

Le amiche di Dio inizia con una prefazione che testimonia un sorpasso metodologico attraverso cui Muraro ha dato luogo a un’indagine storica e filosofica del tutto nuova intorno un’esperienza erroneamente creduta isolata, quella della mistica medievale femminile. Ossia Muraro ha ipotizzato, come premessa l’esplorazione della “possibilità di una ricerca scientifica condotta e esposta in un linguaggio non specialistico” arrivando con ciò a un guadagno di conoscenza fatto in concreto che il romanzo di Kiner, con La notte delle beghine, edito in Francia nel 2017, sembra raccogliere e inserire in un contesto molto ampio, connettendo l’avvenimento “isolato” del rogo di Margherita a un orizzonte di eventi che ha dato luogo per secoli alla quasi totale sparizione di questo personaggio e del suo libro. E all’esclusione dell’importanza politica del primo beghinaggio dagli orizzonti della storia europea.

Kiner nel suo romanzo racconta anche quali potessero essere i motivi soprattutto economici per cui nella Parigi dei primi anni dieci del Trecento il rogo della, tutto sommato insignificante beghina Margherita Porete, segue di poco quello di un gran numero di importantissimi esponenti dell’ordine dei Templari.

Per via del romanzo che sto scrivendo, che tra l’altro riguarda una mistica minore italiana vissuta nel Seicento e appartenente all’ordine monastico delle domenicane, ho appreso che nel tredicesimo secolo le beghine non appartenevano a un ordine religioso ma avevano delle proprietà. Vivevano in eremitaggio o in case comuni, in collegi con delle regole molto precise in merito all’accoglienza e alla solidarietà da riservare alle donne non soltanto religiose, quanto bisognose di un rifugio per via della loro quasi totale esclusione dalla società a causa dell’indigenza o quando si trovavano al di fuori del matrimonio.

Nella Roma del Cinquecento tuttavia le discendenti di quella linea di pensiero erano diventate beghine della penitenza di San Domenico e quindi inevitabilmente collegate a quell’ordine monastico, fino a essere trasformate da Pio V nel 1566 attraverso l’imposizione di strette clausure e voti solenni a qualcosa di convergente nella monacazione vera e propria.

Kiner e Muraro, con un romanzo la prima e con un saggio la seconda, adottando un linguaggio non scientifico ma rigorosissimo, mettono in luce proprio un’ambivalenza che di questi tempi mi pare fondamentale individuare nella parola isolamento.

Afflato all’isolamento come raccoglimento volto a una qualche forma di indipendenza e la riduzione all’isolamento che rasenta la cattività, entrambe intese come dinamiche composte e contrapposte della storia, e non soltanto di quella relativa al beghinaggio delle origini. L’isolamento delle beghine si riferiva in entrambi i casi a una marginalità conscia di doversi intendere rifugio che scongiurasse l’abbandono o peggio le aggressioni da parte degli eventi legati a una forma di storia maggiore. Una forza maggiore che tende a cancellare (magari a un certo punto non riuscendoci più) la non appartenenza alle dinamiche del suo corso e di conseguenza l’essenza anomala della soggettività di ciascuno.

Luisa Muraro e Aline Kiner

Ma ben più preziosa è quella interezza per la nostra intelligenza della vicenda di Margherita e del suo libro. Lo specchio delle anime semplici, prima della scoperta del 1944, era il relitto di un mondo condannato, escluso dalla tradizione e reso così inafferrabile nella sua integrità, raggiungibile solo nei suoi sparsi documenti dalla ricostruzione erudita, e a sua volta frammentaria a causa dello specialismo. Luisa Muraro, Le amiche di Dio. Margherita e le altre, Orthotes Editrice, 2013 p. 131

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