Oggi Il lavoro culturale pubblica un estratto da Il libro di tutti e di nessuno. Elena Ferrante un ritratto delle italiane del XX secolo. Sono molto grata e mi sento particolarmente legata alla loro redazione. Nel 2017 fu proprio Il lavoro culturale che pubblicò un mio lungo articolo su Elena Ferrante: Ciò che la realtà non sa essere per noi, che conteneva alcuni temi fondamentali che stavo già sviluppando nel libro ora edito da Iacobelli. Inoltre sempre Il lavoro culturale in seguito postò la traduzione di un articolo di Judith Butler (tradotto da Giuseppe Forino, Giacomo Tagliani e Nicola Perugini) che è stato fondamentale per la mia soggettiva costruzione tematica intorno all’invisibilità del corpo di Elena Ferrante.

Nei dieci anni di interventi pubblici indipendenti sull’opera di questa autrice posso dire come Elena Ferrante, le sue tematiche, la sua assenza simbolica abbiano agito di volta in volta in modo estremamente rivelatore, soprattutto rispetto all’indipendenza reale e alla tutela della libertà di pensiero che certe istituzioni culturali, redazioni, siti, case editrici, librerie sanno ancora veicolare in termini di diffusione mediatica di contenuti non allineati a certi linguaggi correnti. Linguaggi che pur legandosi a tematiche marcatamente culturali e contemporanee, vivono ancora di schematismi relazionali e linguistici desueti, sessisti e classisti.
Società Italiana delle letterate e Letterate Magazine, Leggendaria, Il lavoro culturale, Nazione Indiana, gli Istituti italiani di cultura tedeschi, le case editrici Iacobelli e Launenweber sono stati tra quei veicoli mediatici originariamente strutturati perché l’ostacolo prefigurato come sopra semplicemente non si ponesse. Ne sono dimostrazione la non scontata emersione del mio lavoro indipendente e non sponsorizzato in due libri: Neapolitanische Puppen: Ein Essay über die Welt von Elena Ferrante (2018) e Il libro di tutti e di Nessuno. Elena Ferrante (2020).