Appena conclusa su Rai1 la terza stagione de L’Amica Geniale abbiamo saputo che La vita bugiarda degli adulti sarà composta da 6 episodi che vedremo su Netflix entro la fine del 2022. Già sapevamo da tempo che la zia Vittoria l’avrebbe interpretata Valeria Golino e il regista della fiction sarebbe stato Edoardo De Angelis.

Non ho amato la regia di Daniele Lucchetti che mi ha reso faticoso guardare con attenzione la terza stagione dell’Amica geniale ma sono mesi che mi cullo nell’idea che il più bistrattato dei libri di Ferrante il meno compreso, nominato e studiato di tutti, fosse stato consegnato alla lettura cinematografica del regista di Indivisibili.

Indivisibili è un film uscito nel 2016. La vita bugiarda degli adulti sarebbe stato pubblicato nel 2019 ma Storia della bambina perduta quarto e ultimo libro de L’Amica geniale aveva già spopolato ovunque creando nuovi paradigmi di riferimento critico relativi alla coppia di amiche, al rapporto madre figlia, al diritto alla centralità delle prerogative  femminili all’interno di contesti publici e privati. Oggetti e categorie marginali, storicamente relegati in generi e recinti, studiati in contesti di nicchia, con Ferrante diventavano un po’ più noti, un po’ meno spaventosi. Non che i tempi non fossero maturi da prima del ciclone Ferrante ma  certo la grande popolarità della saga e poi della prima e della seconda stagione della serie televisiva per la quasi completa regia di Saverio Costanzo avevano reso, improvvisamente la vita delle bambine, l’infanzia e l’adolescenza delle donne, i rapporti tra loro, con gli uomini, con la politica, temi praticabili in senso più ampio fino a raggiungere il discorso pubblico. Oddio, più che il discorso pubblico il chiacchiericcio che, almeno in Italia, questi temi li scopriva come non fossero mai esistiti, salvo tutto il lavoro di ricerca, scrittura, politica e critica di chi  si è sempre  spesa a prescindere da Ferrante.       

Vincitore di 5 Nastri d’Argento e 6 David di Donatello Indivisibili arrivava in quel momento a parlare del legame tra due ragazze quasi maggiorenni e di quanto il valore simbolico di questa sorellanza di sangue potesse sfociare in una mistica mondana e una distorsione del tutto mercificabile. Nel film di De Angelis Viola e Dasy sono due gemelle siamesi che cantano ai matrimoni facendo la fortuna di una famiglia di Castelvolturno  la cui economia ruota tutta intorno ai proventi di queste esibizioni.  

Tuttavia Viola e Dasy sono soprattutto due ragazze con un sogno: la normalità di poter fare ciascuna le cose per conto proprio. Anche se questo è il sogno più di una che dell’altra. All’orizzonte un intervento chirurgico che forse potrebbe esaudire il desiderio ma farebbe cessare i proventi delle loro esibizioni. Sullo sfondo tre uomini: un padre che non molla la proprietà usufruttuaria delle figlie, un prete che ha colto la portata pecuniaria del miracolo costituito dai due corpi femminili belli e difformi da esporre all’atavismo dei fedeli e un produttore discografico con la passione per il  freak, essendo sessualmente interessato alla diversità dei due corpi in uno che Viola e Dasy rappresentano.


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Scrivo su La vita bugiarda degli adulti ne Il libro di tutti e di nessuno. Elena Ferrante un ritratto delle italiane del XX secolo: “Dopo la tetralogia de L’amica geniale, Elena Ferrante inizia il racconto in prima persona della vita di Giovanna Trada, nata a Napoli il 3 giugno 1979, colta sul compiere dei suoi 12 anni fino ad arrivare ai 16. […] In ballo stavolta c’è proprio un’eredità generazionale, storica, politica, ambivalente che è bene saper guardare da tutte le prospettive se si vuole crescere. E Giovanna lo vuole sicuramente, dato che il romanzo si chiude con un proposito di tutto rispetto, quello di diventare adulta come a nessuno è mai successo. Per non parlare della domanda che campeggia già in quarta di copertina: crescere per diventare cosa, per somigliare a chi? Intendiamoci: fare da sé per Giovanna non è una velleità ma una necessità che pagina dopo pagina renderà il linguaggio e le sue insidie più o meno consapevoli, il vero protagonista del libro e la vera posta in gioco in termini di eredità”

De Angelis quindi nella fiction de La vita bugiarda degli adulti si misurerà  con temi che sono anche i suoi. L’eredità generazionale, la metamorfosi materiale e simbolica del corpo femminile adolescente, il suo essere risorsa e reliquia di un immaginario sociale esclusivamente maschile. Ma soprattutto la spaventosa, misteriosa e pericolosa adolescenza delle bambine.

Ferrante come se non bastasse ci ha insegnato ancora dell’altro con La vita bugiarda degli adulti.  Quando si trova la lingua per dire qualcosa che prima era indicibile, ricorrono parole che vengono sottoscritte e poi usate sempre da un maggior numero di persone. Gli adulti che le usano sempre più spesso finiscono per perdere la memoria di quel mistero che nel bene e nel male, le parole, le rende vive. Forse è così che si smette di vedere, pur essendo convinti di continuare a guardare, come Andrea, il padre di Giovanna. Alcuni genitori lo sanno che devono preferire il sapere al non saperne, preferire di essere certi invece che dubitare. Le sfumature sono possibilità che devono scordarsi di praticare, i genitori, perché proprio quelle potrebbero  costituire  la loro pubblica gogna di fronte all’implacabile adolescenza dei loro figli. Fossero genitori rivoluzionari o patiti della conservazione fa lo stesso. Sono le parole che erano state nuovissime la colpa genitoriale che serve ai figli per crescere, sbugiardando tutte le verità, le bugie, nonché le omissioni che quelle parole continuano a racchiudere, impedendo la fiducia nel saper fare meglio e da soli. Soltanto che certi adulti se lo dimenticano che quella porzione di indicibilità rivelata da parole che una volta erano nuove, non si esaurisce mai, anzi resta acquattata ovunque.

Le adolescenti come Giovanna Trada lo sanno per istinto che il linguaggio attraversa sempre le cose, anche se prima erano soffocate dall’ indicibilità e ora sono riconoscibili solo attraverso quell’unica possibilità di essere dette, che certo non appartiene a chi sta al mondo da poco. Se le ragazze ascoltassero le parole che per le loro madri e i loro padri erano state nuove, lo scarto, le altre parole che si possono cercare, per inventare e poi praticare un altro modo di fare e dire avrebbero ancora meno la possibilità di venire alla luce. Le parole si consumano, il nuovo invecchia e diventa rassicurante come un buon classico. Così certi misteri atrofizzano nel non detto e certi altri per fortuna restano misteri che rendono le cose, i gesti, giovani anzi adolescenti, consegnandoli al mistero per antonomasia che rinnova il mondo. Io penso che è per questo che La vita bugiarda degli adulti avrebbe potuto essere una saga, come L’amica geniale, come anche Ferrante nel 2019 dichiarò che sarebbe potuto essere. Certo un ciclo più difficile quello delle vite bugiarde, meno facilmente amabile de L’amica geniale ma quanto necessario.

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