L’autunno è arrivato decisamente portando con sé alcuni avvenimenti e temi su cui riflettere. È stato pubblicato il numero 120 de Il Segnale con i suoi quaranta anni di pubblicazione, senza interruzioni, della rivista. Sta in quel numero così importante l’articolo cui ho fatto riferimento qui la cui traccia è stata così stimolante per me che tuttora non smetto nel mio piccolo di interrogarmi su  quanto e come una scrittura possa davvero essere in grado di illustrare la realtà materiale e simbolica del vivente. Ammesso che sia questo l’obiettivo che si prefigga chi scrive, essendocene pure altri di rispettabilissimi.

È stata fissata per il 10 dicembre alle 17,30 alla Leopolda di Pisa una presentazione cui tengo moltissimo del Libro di tutti e di nessuno a cura della casa della donna  che quest’anno compie i trentuno anni di attività. Quella della casa della donna di Pisa è la biblioteca di genere più importante della Toscana. Poter condividere osservazioni e dialogare con il gruppo di lettura di quella biblioteca mi onora e mi riempie di responsabilità.

Alla fine di questa stessa settimana poi avranno luogo due eventi che sento importanti per me per molti motivi. Uno a Roma e uno a Napoli. A Roma venerdì avrò il piacere di partecipare fisicamente come direttivo SIL all’importante giornata di studio su Maria Occhipinti organizzata da Serena Todesco e Gisella Modica presso la Casa delle donne di Roma qui il programma. Maria Occhipinti (1921-1996) scrittrice, comunista, poi anarchica, antesignana del femminismo, pacifista, apolide per necessità, lega il suo destino ai fatti del “non si parte” scoppiati in Sicilia nel ’45 La giornata sarà trasmessa in streaming dalla pagina facebook della Casa internazionale delle donne di Roma. Dopo la giornata aquilana organizzata da Maristella Lippolis per SIL su Laudomia Bonanni questa su Maria Occhipinti è un’altra occasione di riemersione di un profilo di donna estremamente significativo ma profondamente frainteso e ingiustamente dimenticato.


Chi era Maria Occhipinti e i fatti del “non si parte” Sicilia ’45 

Era il 20 maggio 2020 e qui scrivevo  durante il lockdown di due letture folgoranti che avevo appena fatto: “Femminismi futuri” a cura di Lidia Curti con Marina Vitale e Antonia Anna Ferrante (Iacobelli 2019) e Donna Haraway da Not Nero Edizioni (2019): “Chtulucene, sopravvivere su un pianeta infetto”. Due volumi imprescindibili. Domani giovedì 4 novembre a Napoli, a partire dalle 10, presso Palazzo Du Mesnil – sede del Rettorato UniOr, Via Chiatamone 61/62, un importante evento ricorderà Lidia Curti, scomparsa recentemente, e il suo profilo di intellettuale profondissima. Qui il programma dell’iniziativa a cura di Silvana Carotenuto. L’evento sarà trasmesso in streaming sul canale YouTube del CSPG – Centro Studi Postcoloniali e di Genere. A questo evento potrò partecipare purtroppo solo a distanza con un contributo scritto e pensato come scrittrice e come direttivo SIL per rappresentare il quale sono stata chiamata a partecipare. Il testo nella sua integrità è il seguente, lo riporto qui perché in queste parole credo ci sia una  parte di quello che è rimasto della  presenza di Lidia Curti, profonda e attentissima, anche un poco nel mio lavoro maldestro e impulsivo.


Quello di cui brevemente vi vorrei parlare è un ricordo che si lega a due saggi per mezzo dei quali ho conosciuto il modo in cui Lidia sapeva occuparsi dell’altra. Non ho avuto il privilegio di conoscerla dal vivo ma appunto solo attraverso due contributi, letti in tempi diversi, che ho reputato entrambi fondamentali per il mio percorso di scrittrice. Una volta, però, durante il primo lockdown grazie a un evento online organizzato insieme a Anna Maria Curci dedicato a Femminismi futuri. Teorie poetiche e fabulazioni (Iacobelli 2019) (credo l’ultimo libro che Lidia ha fortemente voluto insieme a Silvana e Marina, e di cui è stata tra le curatrici) ho potuto ascoltarla parlare, con tutto il trasporto che sapeva la sua passione, di un libro davvero imprescindibile. O che per lo meno lo è stato per me, in quanto acquistato e letto in formato eBook durante il primo lockdown, fortemente voluto recensire (qui e qui) e presentare anche se a distanza, ricomprato e riletto in cartaceo. E conservato infine tra i testi fondativi, per l’ampiezza tentacolare e le policromie analitiche che custodisce, capaci in concreto di suggerire una possibile prospettiva postpandemica. Cosa stupefacente se si pensa che il libro è stato pubblicato pochi mesi prima che l’emergenza COVID deflagrasse.

La prima volta invece che ho ‘letto’ Lidia è stata in un saggio compreso in un altro di quei testi fondamentali e ineludibili per una studiosa dell’opera di Elena Ferrante Dell’ambivalenza. Dinamiche della narrazione in Elena Ferrante, Julia Otsuka e Goliarda Sapienza (Iacobelli, 2016). Lidia in quel libro, con un saggio intitolato Tra presenza e assenza, immediatamente successivo a quello introduttivo di Crispino /Vitale, già individuava i cardini critici su cui molte analisi di poi si sarebbero riferite a Ferrante  e alla favola novecentesca, che fu anche di Sapienza, come una sorta di altra faccia del secolo breve. Un volto cui fosse davvero impossibile attribuire un genere per via della presa di coscienza di un perturbamento di altro segno in cui il femminile si posiziona finalmente non da un concedersi ma da una decisa presa di parola su fatti privati e quindi politici dell’altra storia. Già allora l’ampiezza e il respiro della prosa critica di Lidia informavano di una prospettiva che non indicasse il ‘come’ ma la ‘libertà’ di guardare alla scrittura dell’altra inserendola nella vastità di un sapere che quando riguardava Lidia Curti, suggeriva e suggerisce profondità originalissime e ricche di inviti alla prosecuzione. 


Infine proprio l’altro ieri la notizia di una perdita incolmabile per il mondo degli studi germanici, della traduzione e della poesia con la scomparsa del professor Luigi Reitani, mi ha lasciato una  tristezza che non so ancora superare. La prima volta che ho incontrato Reitani era il 2014 a Verona nell’ambito del Premio Lorenzo Montano XXVIII edizione.  il Premio Speciale della Giuria “Opere Scelte – Regione Veneto”   gli fu conferito nello stesso anno  in cui io vinsi il Montano  per la silloge inedita con Piccole estensioni. Nel 2018 poi alla Fiera di Francoforte nella veste di direttore dell’istituto italiano di cultura di Berlino moderò un indimenticabile incontro dal titolo “Napoli. Promessa o degrado, la sfida alla società civile” che riguardava anche Neapolitanische Puppen: Ein Essay über die Welt von Elena Ferrante, con la  direttrice del Goethe-Institut Neapel Maria Carmen Morese. Di quella mattina nel recarci con la metropolitana dall’hotel alla fiera, non parlammo dell’evento che ci attendeva ma dei vhs che i primi volumi stile libero di Einaudi proponevano, in un prima che già allora sembrava preistoria, portando in libreria, alla portata di tutti, un certo modo di intendere il teatro come quello di Marco Paolini. Poi ricordo che zoppicava perché con la famiglia era da poco tornato dalla Puglia di cui era originario, dove aveva avuto occasione di lasciarsi prendere dalla frenesia della Pizzica. L’evento alla Fiera di Francoforte andò bene, non poteva essere altrimenti, Luigi Reitani era bravissimo anche in quello.

Maria carmen Morese, Luigi Reitani, Viviana Scarinci

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